Nonostante la crisi economico-finanziaria internazionale del 2008 di cui ancora oggi si sentono e si contrastano gli effetti, il fenomeno di aggregazione e sviluppo di sinergie commerciali e d’investimento imprenditoriale tra l’Italia e il Regno Unito non ha registrato battute di arresto, anzi, ha contribuito alla crescita dell’economia e del mercato del lavoro nel Regno Unito.
Dati statistici sono stati pubblicati dalle istituzioni italiane ed inglesi come il Ministero degli Esteri e l’agenzia governativa UK Trade and Investments.
Il Regno Unito è riconosciuto, ancora oggi, come la meta d’affari preferita per gli investitori italiani. Londra, in particolare, è da considerarsi una piattaforma internazionale utilizzata da operatori provenienti da vari paesi del mondo per l’individuazione e lo sviluppo di nuovi investimenti. A oggi questa metropoli continua ad essere un’importante centro d’affari presso cui numerose imprese ed investitori italiani di ogni settore ubicano le proprie sedi principali.
In tale contesto, un grande contributo deve essere riconosciuto alle numerose attività e servizi posti in essere dalla Camera di Commercio e dell’Industria Italiana nel Regno Unito, con uffici ubicati a Londra, Manchester ed Edimburgo che, in stretta collaborazione con Camere di Commercio, Ambasciate e agenzie governative italiane ed inglesi, sono dirette a favorire l’ampliamento ed il rafforzamento di sinergie commerciali e d’investimento tra gli operatori dei vari settori, sia questi singoli individui, family office, società di piccole, medie o di grandi dimensioni, e ad agevolarne l’insediamento nel Regno Unito.
Le attività e i servizi forniti dalla Camera di Commercio e dell’Industria Italiana nel Regno Unito sono personalizzati al fine di soddisfare le diverse esigenze di settore e venire incontro ai diversi budget economici dei membri.
Dal mese di giugno di quest’anno, non poche preoccupazioni ha destato la vicenda “Brexit” creando agitazione nell’ambito della comunità politica ed economica internazionale.
Le preliminari ed intense congetture sull’illegittimità del referendum del 23 giugno e sull’ancora atteso esercizio dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona sembrano aver trovato un punto d’arresto di fronte al chiaro e fermo messaggio del nuovo Primo Ministro, Theresa May: “Brexit means Brexit” confermando, dunque, la ferma intenzione del Regno Unito di percorrere, se pur in maniera cauta, una strada senza ritorno al di fuori dell’Unione Europea.
L’attuale approccio pragmatico, equo e coerente, adottato del Primo Ministro Britannico per gestire, in maniera cauta e coincisa, l’attuale impasse e stato d’incertezza, sembra trovare anche in tali circostanze eccezionali un denominatore comune con i fondamentali principi giuridici su cui si è fondato e sviluppato il sistema legale inglese della Common Law.
E’ bene rilevare che il sistema di Common Law regolante, ad esempio, i contratti commerciali (cd. Business Law) è considerato ancora oggi il diritto di riferimento comunemente utilizzato dai vari operatori nelle transazioni internazionali. La normative che regola la finanza a livello internazionale è stata in gran parte concepita (e continua ad essere tutelata) nel Regno Unito.
La normativa che regola le diverse tipologie di società di diritto inglese consente alle stesse di adattarsi alle esigenze e necessità dei vari operatori internazionali e agli scopi delle attività commerciali globalizzate.
La costituzione e gestione di una società in UK non quotata risulta essere semplice e caratterizzata da formalità minime. La snellezza e flessibilità della normativa giuslavoristica è parecchio apprezzata da coloro che, invece, operano nei sistemi giuridici della Civil Law, come ad esempio, in Italia.
In tale contesto, si distingue il diritto di proprietà immobiliare che per le sue peculiarità legate prevalentemente ai retaggi storici, giuridici e culturali del territorio di appartenenza manifesta la più eclatante divergenza rispetto agli tipici istituti del diritto della proprietà immobiliare dei sistemi giuridici di Civil Law. La peculiarità e rigidità del diritto che regola il trasferimento della proprietà non sembra, tuttavia, scoraggiare gli investitori o rallentare le compravendite immobiliari britanniche.
Le particolarità caratterizzanti il sistema di Common Law, vigente nel Regno Unito, impongono agli operatori stranieri di qualsiasi settore e, dunque, non solo di quello immobiliare britannico, la necessità di affidarsi a professionisti specializzati in tale giurisdizione per evitare che il cd. “fai da te’” possa determinare conseguenze dispendiose ed irreparabili.
L’approccio positivo e pragmatico britannico ha da sempre sostenuto la grande apertura del Regno Unito verso il mondo per accogliere ed integrare il continuo evolversi delle dinamiche commerciali e politiche internazionali.
Nell’attuale visione britannica il Brexit non potrà fare altro che segnare l’inizio di un nuovo iter atto a consentire, pur rimanendo fuori dalla membership dell’Unione Europea, di costruire e sviluppare – su presupposti ed accordi diversi – nuove relazioni politiche, economiche e commerciali, con l’intera comunità internazionale. Le sfide che il Regno Unito sarà costretto ad affrontare richiederanno un forte impegno da parte del Governo al fine di adottare quelle politiche economiche e fiscali, nuove e competitive, che non saranno più sottoposte al vaglio ed alle limitazioni dell’Unione Europea, in modo da attrarre, su larga scala e da subito, nuovi investimenti nel Regno Unito.